Stadio Olimpico Grande Torino
Lo Stadio Olimpico Grande Torino è un impianto sportivo multifunzione italiano di Torino. Situato nel quadrilatero delimitato da piazzale Grande Torino, via Filadelfia, corso Galileo Ferraris e corso IV Novembre, fa parte di una più ampia area di infrastrutture sportive nel quartiere di Santa Rita che comprende anche il Palazzo del Nuoto e il Circolo della Stampa. Rilevante testimonianza del razionalismo italiano[1], fu inaugurato nel 1933 come Stadio Municipale Benito Mussolini[1]. Nel dopoguerra fu ribattezzato Stadio Comunale, nome tenuto fino al 1986, quando il comune di Torino deliberò di rinominarlo in Stadio comunale Vittorio Pozzo[1]. Nel 2005, con la designazione di Torino a sede dei Giochi olimpici invernali del 2006, assunse il nome di Stadio Olimpico e, nel 2016, fu intitolato alla memoria del Grande Torino, i cui giocatori perirono nel 1949 nel disastro aereo di Superga[2]. L'impianto fu sede degli incontri interni di Juventus e Torino fino al 1990, anno del trasferimento di entrambi i club allo stadio delle Alpi. Ristrutturato in occasione dell'appuntamento olimpico del 2006, nel settembre dello stesso anno lo stadio tornò a essere sede delle gare interne delle due compagini cittadine e, dopo l'inaugurazione dello Juventus Stadium nel 2011, ospita solo il Torino. Fu, anche, sede della finale d'andata di Coppa UEFA 1976-77 tra Juventus e Atlético Bilbao nonché sede unica della Supercoppa UEFA 1984 di nuovo tra il club bianconero e il Liverpool e, infine, teatro della gara d'andata della finale UEFA 1989-90 tra i bianconeri e la Fiorentina. In ambito calcistico internazionale, ospitò incontri del campionato mondiale 1934 e dell'europeo 1980. Nonostante la prevalenza calcistica del suo utilizzo, ha ospitato anche incontri internazionali di rugby, sia a XIII (nel 1952) che a XV (dal 2008). Infine, nel 1959 e nel 1970 ospitò, rispettivamente, i I e i VI Giochi universitari. Sottoposto dal 2013 a vincolo architettonico del Ministero della cultura[3], presenta una capacità omologata di 28177 spettatori, benché in passato ne fosse capace di più di 65000. Lo stadio è di proprietà comunale, ma il Torino è titolare di un diritto di superficie sul terreno dove esso sorge della durata di 99 anni a decorrere dal 1º luglio 2006. StoriaLe originiL'esigenza di un nuovo stadio a Torino sorse con l'assegnazione alla città sabauda dei Littoriali dello Sport del 1933: l'obsoleto Stadium, situato in corso Duca degli Abruzzi, fu giudicato inadatto a ospitare la manifestazione[4]; la commissione municipale incaricata indicò un'area poco distante lungo corso IV Novembre, già dei Tetti Varrò, all'epoca occupata dal dopolavoro ferroviario, cui fu concessa un'altra locazione[4]. La gara d'appalto per lo «Stadio Littorio» (tale era il nome di progetto) prevedeva un importo di 7370000 L. complessive, tra opere in capitolato e interventi straordinari[4]. Al fine di accelerare le procedure di approvazione e di costruzione, l'appalto, assegnato il 5 giugno 1932, fu suddiviso in tre sottocommesse: la struttura propriamente detta (tribune, gradinate e locali interni), progetto dall'architetto Fagnoni e degli ingegneri Bianchini e Ortensi, fu affidata alla ditta Saverio Parisi di Roma[5]; la pista di atletica leggera, la Torre Maratona (un torrino piezometrico) e le biglietterie, progetto degli architetti Del Giudice e Colonnetti e dell'ingegner Vannacci, all'impresa Vannacci e Lucherini[5]; la piscina coperta, progetto dell'architetto Bonicelli e dell'ingegner Villanova, alla S.A. Imprese Edili Faletti[5]. L'impresa Guido De Bernardi fu incaricata, infine, della preparazione dei campi e delle piste[5]. I lavori di costruzione iniziarono il 21 settembre 1932[6][7] e procedettero per circa sette mesi fino al 29 aprile 1933, data di consegna dell'impianto[7][8]; l'inaugurazione avvenne il successivo 14 maggio[9] in occasione della cerimonia d'apertura dei Littoriali, presenti il segretario del PNF Achille Starace e il ministro dell'educazione Francesco Ercole[8]. Lo Stadio Mussolini, al momento della sua inaugurazione, era il più capiente d'Italia con i suoi 65000 posti[10]; presentava forma ellittica i cui assi maggiore e minore erano rispettivamente circa 240 e 160 m e il cui perimetro massimo era di 640 m[5]. L'opera era realizzata completamente in cemento armato[5] e il deflusso degli spettatori era garantito in circa 9 minuti grazie a 27 accessi realizzati nelle due gradinate di cui si componeva lo stadio; solo la tribuna d'onore era coperta, mentre il parterre era in parte coperto dalla gradinata superiore che vi aggettava a sbalzo ed era leggermente rialzato nella parte più distante dal campo[5]. Il terreno di gioco misurava 105 × 70 m, mentre la pista d'atletica a 6 corsie era lunga 452 m[10]. Le dotazioni del nuovo impianto erano modernissime per l'epoca, e anche le rifiniture erano di livello: i pavimenti della tribuna d'onore erano rivestiti in marmo cipollino; la tribuna stampa era dotata di tavolini ribaltabili a uso dei giornalisti, e il salone che metteva in comunicazione le due tribune era pavimentato in marmo bianco[5]; le porte erano realizzate in compensato di rovere e mogano; le strutture per il pubblico prevedevano fontanelle d'acqua corrente per dissetarsi, mentre quelle per gli sportivi prevedevano spogliatoi singoli per discipline individuali, e collettivi per quelle di squadra, incluse piscine coperte per 20 persone[5]. Dopo i Littoriali dello Sport, a settembre il nuovo stadio ospitò anche i giochi internazionali studenteschi (prodromi delle Universiadi del dopoguerra)[11]. Nel frattempo la Juventus, che già in fase di progetto aveva espresso interesse a entrare nella proprietà del nuovo impianto qualora il Comune di Torino avesse decretato di condividerne i costi di conduzione[4], ne era divenuta affittuaria a partire dal campionato di calcio di serie A 1933-34, così lasciando il vecchio stadio di corso Marsiglia. Il club bianconero inaugurò calcisticamente il "Mussolini" il 29 giugno 1933 in occasione dell'incontro dei quarti di Coppa dell'Europa Centrale contro l'ungherese Újpest[12], battuta 6-2[13]. L'esordio in campionato, tuttavia, non avvenne al primo impegno in casa (vittoria 4-1 dei bianconeri sul Livorno a Corso Marsiglia, stante la disputa dei citati campionati mondiali studenteschi); il "Mussolini" divenne la casa della Juventus in occasione dell'undicesima giornata, una vittoria 8-1 sul Genova 1893[14] e, fino al 1943, fu anche sede degli allenamenti della prima squadra del club[15]. Nel 1934 Torino ospitò due incontri della seconda Coppa Rimet di calcio, un ottavo e un quarto di finale, entrambi risoltisi 3-2, rispettivamente per l'Austria sulla Francia[16] e, a seguire, per la Cecoslovacchia sulla Svizzera[17]. Già previsto in fase di presentazione del progetto dello stadio, a fine giugno 1939 fu inaugurato nel salone sotto la tribuna centrale il Museo Nazionale dell'Automobile[18], che in tale sede rimase fino al 1960, anno del suo trasferimento in corso Unità d'Italia[19]. Il dopoguerraTorino e la nazionale di calcio
L'11 maggio 1947 il Comunale ospitò un incontro amichevole passato agli annali per il maggior numero di giocatori provenienti dallo stesso club schierati dalla nazionale italiana[20]: il commissario tecnico Vittorio Pozzo, infatti, stante l'indisponibilità del capitano juventino Carlo Parola, convocò Mario Rigamonti nella posizione di centromediano, così trasferendo in azzurro dieci undicesimi del Grande Torino[21]: Ballarin, Maroso, Grezar, il citato Rigamonti, Castigliano, Menti III, Gabetto, Loik, V. Mazzola e Ferraris II. Il portiere Sentimenti IV militava altresì nella Juventus[21], il che rese la nazionale quel giorno una selezione della città sabauda[21]. Lato ungherese, altresì, i magiari schieravano nove giocatori dell'Újpest; uno dei due non militanti in tale club era un promettente Ferenc Puskás, proveniente dall'Honvéd. La sfida terminò 3-2 per l'Italia con gol di Gabetto, pareggio di Szusza, di nuovo Gabetto, pareggio su rigore di Puskás e vittoria in zona Cesarini grazie a un gol di Loik. Con la Liberazione lo stadio, che non era stato ancora defascistizzato dopo la caduta di Mussolini in quanto Torino ricadeva nel territorio della Repubblica di Salò, assunse il nome di Comunale[22]. Il presidente delle federazioni italiana e internazionale degli sport universitari, il torinese Primo Nebiolo, fu fautore nel 1958 della rinascita dei giochi studenteschi e, dopo avere promosso l'istituzione dei Giochi mondiali universitari, anche noti come Universiadi, ne ottenne l'organizzazione della prima edizione nel capoluogo sabaudo l'anno successivo[23] Il 26 agosto 1959 si celebrò al Comunale la cerimonia d'apertura[24] della manifestazione, che tra gli altri nomi di rilievo mise in evidenza il giovane studente torinese Livio Berruti[25], protagonista un anno più tardi a Roma con l'oro olimpico nei 200 m. All'interno dello stadio fu realizzata anche la sede torinese del centro di medicina dello sport, presentata alla stampa il 28 novembre 1962[26] e inaugurata il 1º dicembre successivo[27]. Torino fu eccezionalmente assegnataria della VI Universiade nel 1970 dopo che Lisbona, assegnataria dei giochi nel 1969, rinunciò alla loro organizzazione[28], così costringendo la FISU a riprogrammare altrove l'evento per l'anno successivo; Primo Nebiolo riuscì a ottenere per il capoluogo piemontese la seconda Universiade in poco più di dieci anni[29]. La Juventus, che al Comunale si aggiudicò il suo decimo scudetto nel 1958[30], fu occupante unica dello stadio fino a tutto il campionato 1962-63, l'ultimo disputato al Filadelfia dai concittadini del Torino con cui, dalla stagione successiva, condivise l'impianto. In realtà il club granata aveva già usato lo stadio come impianto di casa, ai tempi in cui era ancora il "Mussolini": fu nella stagione 1942-43[31], nel corso della quale vi fu trasferito su ordine prefettizio per alcuni incontri[32]; successivamente, nell'immediato dopoguerra, aveva adottato il Comunale come stadio interno per gare di cartello che richiedevano maggiore capienza. In aggiunta a ciò, già a fine anni cinquanta la dirigenza torinista aveva preso in considerazione la possibile migrazione al Comunale[33], ma la retrocessione del club in B nel 1959 indusse a un accantonamento del progetto[34]. Tuttavia nel 1963 il neopresidente del club Orfeo Pianelli decise di chiedere ufficialmente alla municipalità l'utilizzo dello stadio quale sede permanente[35]. A seguito di tale trasferimento, per 27 stagioni consecutive il Comunale fu teatro di tutti i derby ufficiali oltre che di una rivalità stracittadina che soprattutto negli anni settanta significò anche lotta per il primato in ambito nazionale. I granata di Pianelli, infatti, sotto la guida di Gigi Radice, giunsero alla vittoria del campionato 1975-76, il loro settimo, a 27 anni di distanza dal precedente, quello del Grande Torino nel 1949[36]; i bianconeri risposero, nella stagione seguente, ingaggiando con i "cugini" un serrato testa a testa risoltosi con la vittoria della Juventus a 51 punti, record per il campionato a 16 squadre e due punti a vittoria, contro i 50 del Torino[37]. In quella stagione il Comunale - fatti salvi i risultati dei derby - fu inespugnato dagli avversari delle due compagini torinesi[37]. Qualche settimana prima, lo stadio era stato anche teatro della sua prima finale europea, la gara d'andata dell'ultimo atto della Coppa UEFA tra Juventus e Atlético Bilbao, terminato 1-0 per i bianconeri grazie a un goal di Marco Tardelli al quarto d'ora di gioco[38] (la Juventus in seguito si aggiudicò il torneo pur perdendo 1-2 a Bilbao la finale di ritorno). Dopo l'edizione 1976, L'UEFA rivoluzionò il campionato europeo e lo trasformò in un appuntamento fisso quadriennale con sette squadre qualificate ad affrontarsi in una fase finale presso un ottavo Paese ospite ammesso di diritto; la prima assegnataria di tale nuova formula fu l'Italia, incaricata a ottobre 1977 di organizzare il campionato del 1980[39][40]. Il Comunale ospitò tre partite della fase a gironi, due del gruppo B tra Belgio e Inghilterra, terminata 1-1[41] e tra la stessa Inghilterra e l'Italia, vinta 1-0 dagli Azzurri con un goal di Tardelli[42], e una del gruppo A tra la Grecia e i futuri campioni della Germania Ovest terminata 0-0[43]. Nel 1984 il Liverpool, campione d'Europa in carica, e la Juventus, detentrice della Coppa delle Coppe, per via dei loro calendari avevano problemi a organizzare l'edizione di quell'anno della Supercoppa UEFA, tanto che il club bianconero, per voce del suo presidente Boniperti, ventilò l'ipotesi di rinunciare alla disputa del torneo qualora il sorteggio della coppa Campioni 1984-85 avesse messo di fronte i due club nei quarti di finale[44]; dopo che tale ipotesi fu scongiurata, Boniperti e il direttore sportivo del Liverpool si accordarono per disputare la Supercoppa in gara unica con sede da decidere a sorteggio tra i due dirigenti, dal quale emerse l'Italia come scelta vincente[44]; dopo avere scartato ipotesi di campo neutro come Milano o Roma[44] si decise infine di disputare l'incontro al Comunale il 16 gennaio 1985[45]. L'incontro, programmato in un periodo invernale con minime record, fu disputato su un campo ghiacciato sul quale fu necessario ricorrere a un pallone di colore arancione per poter riconoscerlo sulla neve compattata che rendeva precario l'equilibrio[46]; il trofeo fu appannaggio della Juventus che vinse 2-0 con una doppietta di Boniek aggiudicandosi così la prima Supercoppa del suo palmarès[46]. Pochi mesi prima di tale incontro, la FIFA aveva assegnato all'Italia l'organizzazione del campionato del mondo 1990[47] ed, essendo Torino una delle città prescelte per ospitare una quota consistente della manifestazione (almeno un girone e una delle semifinali) si impose quasi subito l'interrogativo sull'opportunità di rinnovare una struttura vecchia più di mezzo secolo come il Comunale, ormai obsoleto e poco versatile, a fronte della scelta di costruire uno stadio nuovo[48][49][50]. Dopo diverse discussioni in sede di consiglio comunale, prevalse quest'ultima tesi[51] in quanto ritenute troppo dispendiose e inefficaci le misure per ristrutturare il Comunale[52], opinione che trovò concordi sia il comitato organizzatore dei Mondiali che i due club cittadini[51]. Scartata l'ipotesi di demolire il Comunale per costruirvi un nuovo stadio[53][54], nel 1986 si decise quindi per la costruzione alla Continassa di quello che sarebbe diventato lo stadio delle Alpi[55]. Nel 1986, in occasione del centenario della nascita di Vittorio Pozzo, il comune di Torino deliberò l'intitolazione del Comunale all'allenatore che nel 1934 e nel 1938 guidò l'Italia a due titoli mondiali (al 2024 l'unico commissario tecnico nella storia del torneo) e nel 1936 al titolo olimpico[56]. In quello stesso anno la Juventus si aggiudicò il suo ventiduesimo titolo di campione d'Italia[57], il suo diciassettesimo da usufruttuaria del Comunale, record italiano[N 1]; fu, anche, l'ultimo scudetto assoluto conquistato nel vecchio Comunale e, al 2024, il più recente vinto in tale struttura[N 2] L'ultima stagione al Comunale dei due club sabaudi furono i campionati di serie A e di B 1989-90 rispettivamente di Juventus e Torino: la chiusura ufficiale dei bianconeri fu il 2 maggio 1990, giorno della finale di Coppa UEFA contro la Fiorentina, una vittoria 3-1 che ipotecò la conquista finale del trofeo[N 3][58], mentre quella dei granata fu il 27 successivo, un 3-0 sul Messina che suggellò la promozione in serie A[59]. Dopo il mondiale italiano i due club si trasferirono allo stadio delle Alpi. Bianconeri e granata conobbero un'estemporanea passerella al Comunale nel giugno 1994 con le proprie squadre Primavera, protagoniste della doppia finale del campionato di categoria: quella d'andata vide prevalere la Juventus 2-0 (Cammarata e Del Piero)[60], punteggio che rese platonica la vittoria dei "cugini" al ritorno per 1-0 (Briano)[61]. Il progressivo inutilizzoCon tutte le attività di rilievo trasferite al "delle Alpi", impianto dotato anche di pista d'atletica, il Comunale conobbe un lungo periodo di inutilizzo e marginalizzazione: per circa un decennio tra il 1994 e il 2003 fu usato solo come terreno di allenamento della prima squadra della Juventus[62][63] e a seguire, per una sola stagione, anche di quella del Torino, prima che lo stadio diventasse totalmente inagibile per i lavori olimpici[64][65]. A parte esibizioni delle squadre giovanili dei due club maggiori, lo stadio ospitò anche incontri di calcio femminile di FCF Juventus e Real Torino[66], nonché della formazione di football americano del Giaguari Torino[66]. Per scongiurare il rischio di degrado derivante dal sottoutilizzo dell'impianto, furono proposte varie soluzioni architettoniche e urbanistiche al fine di riqualificare l'area: già nel 1990 era stata proposta la trasformazione del Comunale in un campus universitario dotato di servizi a corredo come mercati, cinema, banche, uffici municipali, impianti per l'atletica e altri sport e arene per concerti e spettacoli[67], mentre invece tre anni più tardi giunse una proposta da parte del CONI per la nascita di un «villaggio dello Sport» che ospitasse al livello stradale le rappresentanze di tutte le federazioni sportive cui conferire spazi per riunioni, uffici e palestre d'allenamento[68]; la Juventus si accodò a tale progetto, offrendosi di ristrutturare gli spogliatoi e di realizzare un nuovo campo sull'adiacente "Combi" (all'epoca terreno d'allenamento delle giovanili bianconere) da regalare alla cittadinanza in cambio di una concessione per l'uso delle strutture calcistiche e di alcuni uffici nel Comunale[68]. Anche l'istituto di medicina sportiva, che intendeva ampliare la propria sede all'interno dello stadio, si dichiarò interessato all'iniziativa del CONI[68][69]. Insoddisfatta del "delle Alpi" già dai primi anni d'utilizzo[70], nel 1996 la Juventus ventilò l'ipotesi di acquistare il Comunale e tornare ad adibirlo a proprio impianto interno[71] sottoponendolo a una ristrutturazione che, tramite la ricostruzione di tre gradinate su quattro, eliminasse la pista d'atletica, trasformasse la capienza in 35000 posti a sedere e insediasse nella Torre Maratona il museo del club[72]. Come i due precedenti, neppure quest'ultimo progetto vide mai la luce perché la Juventus lo abbandonò nel 1998[73] per evitare potenziali problemi di ordine pubblico nel quartiere, stante la compresenza dei lavori di ristrutturazione del poco distante stadio Filadelfia da parte del Torino[73][74]. Verso lo stadio OlimpicoIl 19 giugno 1999 Torino aveva prevalso sulla svizzera Sion nel ballottaggio per l'assegnazione delle olimpiadi invernali del 2006[75]. Nel 2001 fu proposta la ristrutturazione dell'inutilizzato Comunale e la sua destinazione a stadio ospite dei Giochi[76] e, a ottobre di quello stesso anno, fu presentato il progetto di restauro[77] che, all'inizio, prevedeva la trasformazione del Comunale in un palazzetto del ghiaccio da 12500 spettatori[77]. Dopo la rapida bocciatura di tale piano[78], si ripiegò sulla trasformazione dell'impianto in sede delle cerimonie d'apertura e chiusura dei Giochi[79] al posto dell'inizialmente ventilato stadio delle Alpi[80]. Nelle more della realizzazione dei progetti di trasformazione del Comunale, la municipalità aveva proposto a Juventus e Torino l'acquisto congiunto del "delle Alpi"[81], ricevendo inizialmente un'adesione di massima dai due club[82] che, tuttavia, non trovarono l'accordo circa la gestione dell'impianto[83]; nel 2002 il Torino si ritirò dal progetto[84]. Il 18 giugno 2002 l'amministrazione cittadina stipulò infine gli accordi di concessione dei diritti di superficie con i due club: la Juventus acquisì la gestione del "delle Alpi" per 99 anni a partire dal 1º luglio successivo al costo totale di 24000000 €[85][86], mentre il Torino acquisì per 3500000 € la concessione del Comunale per analoga durata, ma a partire dal 1º luglio 2006, dopo i giochi invernali[85][87]; nel frattempo la Juventus avrebbe ospitato il club granata al "delle Alpi" nel quadriennio successivo[85]. I lavori di ristrutturazione del Comunale iniziarono il 1º settembre 2003[88] e durarono poco più di due anni: il 29 novembre 2005 il rinnovato stadio fu presentato in anteprima[89][90] nel corso di una cerimonia cui presero parte rappresentanti di enti locali, governo, CIO e TOROC[90] e durante la quale l'impianto fu rinominato Stadio Olimpico[91]. Lo stadio ospitò le cerimonie d'apertura e chiusura dei giochi come programmato, e fu il palcoscenico dell'ultima cerimonia protocollare di premiazione, che vide l'italiano Giorgio Di Centa ricevere la medaglia d'oro nella 50 km dello sci di fondo[92]; a seguire, poche settimane più tardi, svolse analoga funzione in occasione dei IX giochi paralimpici[93]. Il 1º luglio 2006 lo stadio entrò nella piena disponibilità del Torino, come previsto dal contratto di concessione stipulato nel 2002[85][94]; specularmente a quanto accadde nel quadriennio precedente, fu la Juventus a essere ospite del club cugino nell'Olimpico ristrutturato[95]. Originariamente la convivenza dei due club avrebbe dovuto durare solo per la stagione 2006-07, ovvero il tempo di effettuare un make-up leggero al "delle Alpi"[96], ma successivi sviluppi portarono il club bianconero a pianificare la demolizione e la ricostruzione dell'impianto e a chiedere la coabitazione allo stadio Olimpico fino a tutta la stagione 2010-11. L'esordio granata nel nuovo Olimpico, coincidente con la riapertura al calcio della struttura, fu il 10 settembre 2006, un pareggio 1-1 in campionato contro il Parma[97]; sei giorni più tardi fu il turno dei bianconeri, vittoriosi 2-1 sul Vicenza[98]. Dalla stagione 2011-12 il Torino è il solo occupante dello stadio: la Juventus si congedò dall'Olimpico il 22 maggio 2011 con un pareggio 2-2 contro il Napoli nell'ultima giornata di campionato[99] per trasferirsi al nuovo Juventus Stadium, costruito sulle ceneri del "delle Alpi"[100]. Una volta rimasti unici fruitori dello stadio, quindi, i tifosi granata chiesero al club di adoperarsi per dare alla struttura un nome che richiamasse l'identità storica del Torino[101]; il 19 aprile 2016 il comune intitolò ufficialmente l'impianto alla memoria del Grande Torino, squadra che nell'immediato dopoguerra vinse quattro scudetti consecutivi e nel 1949 perì in blocco nel disastro aereo sul colle di Superga[2]. Al fine di mantenere l'omaggio (obbligatorio per regolamento) ai giochi invernali di dieci anni prima, comunque, la delibera approvata fu quella di rinominare l'impianto in Stadio Olimpico Grande Torino[102]. Al vecchio Comunale l'Italia maggiore di calcio disputò 19 incontri, il primo l'11 febbraio 1934 in Coppa Internazionale contro l'Austria, una sconfitta 2-4[103][104] e l'ultimo il 14 novembre 1981, un pareggio 1-1 contro la Grecia che consegnò agli Azzurri la matematica qualificazione al vittorioso campionato mondiale 1982[105]. Ventotto anni più tardi, nel 2009, l'Italia tornò nel rinnovato Olimpico per un incontro di qualificazione al mondiale 2010, una vittoria 2-0 contro la Bulgaria[106]; la più recente apparizione della squadra è in occasione delle qualificazioni al mondiale 2018, un pareggio 1-1 contro la Macedonia[107]. Dal 2013 l'area in cui sorge lo stadio è sottoposta a vincolo architettonico del MiBACT[3]. Descrizione della strutturaIl progetto di ristrutturazione del Comunale – affidato agli studi di architettura veronesi Cenna e Arteco[108] – conserva le strutture esistenti[109], sottoposte al vincolo della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici[90]. Le aggiunte hanno riguardato nuove strutture verticali per reggere la copertura di tutto l'impianto nonché un terzo anello di gradinate, continuo e strutturalmente collaborante alla copertura, dotato, nella parte corrispondente alla preesistente copertura, di una parte chiusa ospitante 44 palchi[110]. Circa un terzo del rivestimento della copertura è in materiale plastico semitrasparente, onde evitare che il tappeto erboso rimanga in ombra e si danneggi a causa della ridotta insolazione[111]. Al fine di rispettare le moderne regole di sicurezza[108], la capienza complessiva fu ridotta notevolmente; infatti la nuova struttura, al momento della riapertura, era dotata di 27168 posti a sedere e al coperto[110], meno della metà della capienza originaria di circa 65000 spettatori[110]. Per le cerimonie olimpiche lo stadio fu sottoposto ad alcuni interventi mirati, come l'ampliamento a 35000 posti mediante strutture temporanee[90] la realizzazione di un imponente allestimento sceno-tecnico[90] e la predisposizione del braciere olimpico[89] i cui 57 metri[112] lo rendono il più alto del mondo[113]. All'interno, altresì, fu ricavata al piano terra un'area commerciale di 1163 m², furono ristrutturati e riposizionati il centro di medicina sportiva e il settore uffici[114]. Pur essendo stata soppressa la pista di atletica leggera, al posto della quale è installato un tappeto in erba sintetica, rispetto al vecchio Comunale la distanza tra gli spalti e il terreno di gioco è rimasta invariata, riproponendo quindi tutti i problemi di visibilità del campo da parte degli spettatori nelle file più basse di curve e tribune[115], aumentati anche dalle barriere installate per rispettare le normative di sicurezza contro le invasioni di campo[115]. Tuttavia, in fase di ristrutturazione, è stato costruito un nuovo parterre che avvicina di qualche metro gli spettatori delle prime file. I posti riservati agli spettatori disabili sono 80, di cui 64 dislocati in due tribunette poste nel parterre del primo anello dei distinti centrali[116], 12 nella tribuna centrale e 4 nei palchi. In ordine di tempo, l'Olimpico è il primo impianto conforme alla legge 210/2005 (cosiddetta «legge Pisanu sulla sicurezza degli stadi»), inizialmente emanata come decreto durante la stesura del progetto di ristrutturazione[117]: furono installate 96 telecamere di videosorveglianza a uso delle forze dell'ordine[118]; la recinzione vetrata, che separa il campo dalla zona spettatori, è mobile: essa è alta 2,2 m ma, negli incontri privi di rischio per l'ordine pubblico, può essere abbassata a 1,1 m[118]. Il costo totale della ristrutturazione fu di 48000000 €[110]. Nei suoi primi due anni di utilizzo, dal 2006 al 2008, essendo state inserite due distinte fasce di sicurezza per separare le tifoserie ospiti, la capienza effettiva risultò limitata a 25500 posti. In preparazione della stagione 2008-09 si tennero lavori d'ampliamento capienza a seguito della qualificazione della Juventus in Champions League[119]. Furono installati circa 1350 nuovi posti su quattro file, a ridosso della prima fila di distinti e tribuna, creando un nuovo anello sullo spazio dove era posizionata la vecchia pista; per favorire la visibilità di queste nuove file di spettatori, nei settori Ovest ed Est le barriere furono abbassate a 1,1 m, rispetto ai 2,2 m della conformazione precedente[119]. Furono infine recuperati 650 posti con il ridimensionamento del settore ospiti. Al termine di tali lavori la capienza fu portata a circa 27500 posti[119]. Nell'estate 2009 fu abbassato il parapetto di separazione a 1,1 m in tutti i settori e 444 nuovi posti furono aggiunti nella zona parterre, portando la capienza complessiva dello stadio a 27994 posti[120]. Dopo il trasferimento della Juventus allo Stadium, inoltre, furono tolte le barriere di separazione tra la curva Maratona e la Maratona Laterale, che negli incontri interni dei bianconeri fungeva da settore ospiti: ciò permise di recuperare una cinquantina di posti e di ritoccare la capienza a 28140 posti[121]. Per circa tre anni i locali dell'Olimpico ospitarono il Museo dello sport (esposizione permanente già prevista nel progetto d'ampliamento del 1993[69]), raccolta di cimeli e memorabilia dei campioni di ogni disciplina inaugurata nel 2012[122][123], che tuttavia non raggiunse mai il flusso necessario di visitatori (circa 20000/anno contro i 6000 effettivi) per giustificarne i costi e che cessò le attività nell'agosto 2015[124]. Affluenze medieLa sottostante tabella riporta le affluenze medie di campionato di Juventus e Torino a partire dalla stagione 1952-53[125][126].
Usi alternativi al calcioUsi sportiviBenché Torino sia stata, nel 1910, la "culla" del primo club e del primo incontro di rugby in Italia[127], la città non accolse alcun evento internazionale di palla ovale fino al 1952, quando a essere di scena non fu la nazionale a XV, ma quella, appena nata, di rugby a XIII, che riceveva la Francia per restituire l'invito ricevuto un anno primo a Cahors quando la squadra fu tenuta a battesimo. Al Comunale la partita si risolse in un combattuto 22-18 per i francesi[128], anche se fu l'ultimo avvenimento rugbistico internazionale a Torino per 56 anni: per rivedere un test match bisognò attendere il novembre 2008 quando la nazionale a XV, per la prima volta nel capoluogo piemontese[127], incontrò l'Argentina, venendo da questa sconfitta 14-22[127]. In altre due occasioni l'Olimpico ospitò gli Azzurri del rugby a XV: nel 2013 fu una sconfitta 22-50 contro l'Australia in occasione del tour di fine anno degli Wallabies, e nel 2015 una sconfitta 12-16 contro la Scozia in un warm-up di preparazione alla Coppa del Mondo[129]. Tra il 1991 e il 1994 lo stadio, complice il trasferimento di Juventus e Torino al "delle Alpi", fu anche casa del club di football americano dei Giaguari Torino[66], che ivi disputò sia gli incontri interni di campionato che di Eurolega[130][131][132]. Altri usiDalla fine degli anni settanta è invalso l'uso di adibire lo stadio anche a sede di concerti, spesso tappe di più ampie tournée musicali; i primi artisti a esibirsi al Comunale furono Lucio Dalla e Francesco De Gregori nel giugno 1979, nel corso del tour Banana Republic (da cui fu tratto l'omonimo album live), con una serata che registrò circa 50000 paganti[133]. Un anno più tardi fu il turno di Bob Marley, per la prima volta in tour in Italia, a esibirsi al Comunale davanti a 40000 spettatori[134]. Iconico, nella cultura giovanile e musicale dell'Italia di quegli anni, è rimasto lo show di Mick Jagger nel corso dell'esibizione al Comunale dei Rolling Stones dell'11 luglio 1982: l'artista inglese, salito sul palco poche ore prima della finale del mondiale di calcio tra Italia e Germania Ovest, comparve con la maglietta azzurra recante sulla schiena il numero 20 utilizzata da Paolo Rossi in quell'edizione del campionato mondiale[135], accattivandosi le simpatie del pubblico dopo l'annuncio che avrebbe tifato per l'Italia[135]. Ancora a distanza di quarant'anni quell'esibizione rimane nella cultura di massa italiana, non solo sportiva[136]. Degli altri nomi importanti del panorama musicale mondiale degli anni ottanta e non solo figurano Michael Jackson nel Bad World Tour[137], i Pink Floyd nel A Momentary Lapse of Reason Tour[138] e soprattutto Madonna che, nella tappa torinese del suo Who's That Girl World Tour, fece registrare un'affluenza record (per il Comunale) di 63127 spettatori con un incasso di 2204096000 L. (~1140000 €)[139]. Anche dopo la ristrutturazione lo stadio ha continuato a essere sede di concerti, ma non solo di artisti pop e rock: il 22 giugno 2011 vi si tenne una rappresentazione del Nabucco di Giuseppe Verdi[140] diretta dal maestro Alberto Veronesi[140] e con la partecipazione del coro del Puccini Festival e di artisti come la soprano greca Dīmītra Theodosiou[140]. Cultura di massaTorino è sede del più antico derby calcistico d'Italia tra club tuttora attivi[N 10], quello tra le citate Juventus (fondata nel 1897) e Torino (nel 1906): il primo incontro stracittadino sotto la Mole avvenne in casa granata al Campo Umberto I nel 1907[141]. Per 56 stagioni dal 1933 al 1990 il vecchio Comunale fu teatro del derby: fino al 1963 solo quello ospitato dalla Juventus, e dopo entrambi stante il trasferimento al Comunale del Torino. Il derby torinese ha storicamente rappresentato non solo una rivalità sportiva, ma anche una lunga dicotomia sociologica e di costume, che si rispecchiava nelle tifoserie che durante la sfida stracittadina si confrontavano al vecchio stadio Comunale: Mario Soldati, di provata fede bianconera[142], scriveva che la Juventus era «la squadra dei gentlemen, dei pionieri dell'industria, dei gesuiti, dei benpensanti, di chi aveva fatto il liceo: dei borghesi ricchi» a differenza del Torino, «la squadra degli operai, degli immigrati dai vicini paesi o dalle province di Cuneo e di Alessandria, di chi aveva fatto le scuole tecniche: dei piccoli-borghesi e dei poveri»[143], anche se tale composizione sociale andò trasformandosi con le grandi migrazioni industriali interne e l'afflusso di lavoratori nel Torinese, in gran parte presso la FIAT e il suo indotto: gran parte degli operai immigrati si identificò nel club bianconero mentre i tifosi granata si vantavano di essere i veri rappresentanti del territorio; la cosa andò anche di pari passo con l'estensione della tifoseria della Juventus oltre i confini del Piemonte a tutta Italia e anche all'estero[144]. Il settore storico dei tifosi granata più accesi è la Curva Maratona, così chiamata perché adiacente alla Torre di Maratona, un torrino idraulico piezometrico edificato ai tempi della costruzione dello stadio[7]. Storicamente si tratta della frangia di tifo più vicina alla squadra, e anche quella più critica nei confronti della dirigenza societaria, laddove ritenuta responsabile di non adeguare gli obiettivi di mercato alle ambizioni del club e della tifoseria[145]. Tra le coreografie storiche della tifoseria figurava talora un gigantesco toro furioso in cartapesta ‒ allegorico del club e presente nello stemma societario dello stesso ‒ esposto di fronte alla Curva Maratona durante incontri di cartello, segnatamente il derby contro la Juventus[145], principale avversaria della tifoseria granata[146]. Anche con il trasferimento al "delle Alpi" la curva torinista continuò a mantenere il nome di Maratona[147]. Il nucleo storico della Juventus era altresì noto per occupare la Curva Filadelfia, così chiamata per la prossimità con via Filadelfia, nel settore meridionale dell'area dove sorge lo stadio; anche tale settore era sede del tifo organizzato più acceso e delle coreografie più colorite (analogamente ai "cugini", anche la tifoseria della Filadelfia era usa esporre le allegorie in cartapesta del club, nella fattispecie una zebra[148]). Dopo la morte per incidente stradale di Gaetano Scirea – quell'anno alla prima stagione da tecnico al club come allenatore in seconda di Dino Zoff – avvenuta nel settembre 1989, la tifoseria della curva Filadelfia intitolò informalmente alla memoria dello scomparso giocatore la gradinata del Comunale da essi occupata; nella stagione successiva la curva meridionale dello stadio delle Alpi fu intitolata alla memoria di Scirea[149]. Con il ritorno allo stadio Olimpico il nome di Gaetano Scirea alla curva fu mantenuto[150], e successivamente migrato nel 2011 con il trasferimento allo Juventus Stadium. Incontri sportivi di rilievoIncontri internazionaliCalcio
Rugby a XIII
Rugby a XV
Incontri di clubCalcio
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