DieresiLa dieresi (dal greco antico διαίρεσις?, diàiresis, "divisione", derivato da δι(α)-αιρέω, "io scelgo separatamente") è la sillabazione separata di due vocali contigue all'interno di una stessa parola, pronunciate o scandite in modo che appartengano a due sillabe diverse[1]. È un termine tecnico tipico della fonosintassi, branca della linguistica comune alla metrica e alla fonologia. Metrica latina e grecaNella metrica classica per dieresi si intende anche una pausa, nella scansione dei versi più lunghi, che cade tra un piede e l'altro, Si ha al contrario la cesura quando invece essa cade all'interno del piede. Metrica italianaIn metrica italiana, la dièresi è la scansione di un dittongo (ascendente o discendente), in modo che i foni che lo formano siano distribuiti su due sillabe differenti. Nel caso del dittongo ascendente, il primo fono (consonante approssimante o semiconsonante) diventa un vocoide.
La parola sapienza, secondo la comune sillabazione italiana, è un trisillabo (sa-pien-za) /saˈpjɛn.ʦa/; ma in questo verso è computata come quadrisillabo (sa-pi-en-za) /sa.piˈɛn.ʦa/. Il fenomeno ricade nella categoria linguistica detta iato. Per parole come saggio e figlio non si può parlare correttamente di dieresi, perché la i in questo caso ha il valore di un segno diacritico, che specifica la pronuncia palatale del digramma. Nonostante le critiche di Francesco D'Ovidio, ci sono varie attestazioni di dieresi da i diacritica come, per esempio, in Carducci (ciglïa, figlïa). Nel caso di cielo, dove la pronuncia moderna non ha nessuna /i/o /j/ (/ˈʧɛ.lo/) la dieresi sarebbe ancora più inappropriata. Al contrario della dieresi, quando all'interno di parola due (o tre) vocali contigue (non costituenti dittongo ascendente o discendente) vengono contate come un'unica sillaba si ha la sinèresi. Questo avviene in particolare con i nessi vocalici formati da due vocali "forti" come ae o ea, che di solito vengono considerati appartenenti a due sillabe distinte, anche se alcuni fonetisti come Luciano Canepari non sono d'accordo. D'Ovidio ha notato come nell'uso poetico, la scelta tra sineresi e dieresi non è spesso arbitraria. La dieresi, in particolare è comune con le forme latineggianti ed è quindi segno di scansione sillabica ispirata alla poesia latina. Nonostante numerosissime eccezioni, dalle origini fino al Novecento, la dieresi è generalmente evitata[2]:
Viceversa nei latinismi, grecismi e arabismi si ha spessissimo la dieresi. Dieresi e sineresi, quando riguardano i confini di parole contigue si chiamano rispettivamente dialefe e sinalefe. Note
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